Monday, November 16, 2015

Nomadi digitali: specchio di un mondo “in fuga” – Internetmania: effetti e dipendenze

“Ci sono cose conosciute e cose sconosciute: fra queste vi sono delle porte. Le porte della percezione che aprono all’infinito”diceva William Blake.

Internetmania è un libro dalla portata dirompente perché esce fuori da ogni palinsesto e preformattazione costituita e imposta per corrodere altari di vanaglorie e futilità. Il nuovo libro di Nando Minnella mette alla berlina internet e l’instant messaging come l’estremo rampollo del progresso tecnologico delle società c.d. civilizzate che ormai danno solo largo spazio a frammentazioni, disconnessioni orgasmiche deviate del tutto e subito. Dietro tanto rumore c’è un problematico dubbio di comunicazione. Dietro tanto parlare e perdersi di informazioni e big data, in questo grande sfogatoio multimediale c’è una reale volontà di darsi e ricevere? c’è una cultura dello scambio? A quali bisogni sopperisce l’affidarsi a questo strumento informatico?

Siamo una civiltà di nomadi, di “naufraghi mentali, scippati del futuro, condizionati dall’eterno presente”, eterni transeunti catturati dal mistero dell’ignoto, alla ricerca di noi, di altro da noi, di improbabili “fattori x” che ci illuminino su parti del nostro sè che abbiamo oscurato a lungo o che ci portano a dipanare matasse accumulate nel tempo. Siamo inconsapevoli Peter pan eterni nell’inconsapevolezza di aver ucciso il bambino che vive dentro di noi. Ma alla ciclicità, alla cultura del reale progresso, quello che arricchisce interiormente e fa accrescere il nostro benessere psico-fisico ed emozionale, si sono sostituiti andamenti schizofrenici, vivendo il brivido di eccitanti altezze  per sprofondare poi in voragini abissali  e incespicare in perigliose rotture del sistema. Siamo alla debâcle. La morte dell’anima. Non lasciamo vivere più le nostre emozioni crogiolandoci in platinati idilli di felicità fulminee. Non ci si scava più dentro, siamo incapaci di vivere dentro noi stessi (solo in inglese si dice alone, all one, tutti uno). Viviamo e ci relazioniamo digitando,  contattiamo ciò che “viaggia”. L’epoca dei nomadi digitali e il nuovo  boom economico sono specchio di un mondo ”in fuga”.  Ma siamo realmente capaci di darci all’altro o forse ricerchiamo solo un ideale di noi stessi e rifiutiamo i rapporti reali per mascherare dietro un monitor o un cellulare esclusivamente le nostre pulsioni, i nostri bisogni dimenticando che ognuno è un universo a sè stante da esplorare e con cui relazionarsi? Abbiamo realmente conservata intatta la capacità di uscire per poi rientrare, di avere dei filtri semipermeabili nella comunicazione per essere sempre presenti a noi stessi? Gli altri siamo noi. Siamo tutti carcerati dell’altro nel momento in cui non lo lasciamo vivere nella nostra interiorità e che stentiamo ad accettare, in continua metabolizzazione di cio’ che e’ diverso e difficilmente comprensibile e collimabile con la nostra personalità e la ricerca di una placentica simiglianza. L’enfer c’est l’autres. L’altro ci fa paura, il diverso perché incarna l’ombra non vista di noi stessi, le bestie oscure interiori che non abbiamo imparato a conoscere.

La rivoluzione tecnologica ha scombussolato il nostro modus vivendi proiettandoci in fredde surrealtà nell’infantile illusione che ci possa essere da surrogato o soddisfare i bisogni che non sappiamo vedere, riconoscere, appagare nelle nostre bieche esistenze. E’ una generazione sospesa, che vive in bilico. Si è in contatto sempre con tutti in ogni momento, in realtà con nessuno, tutto si ferma in superficie, tutto si riduce ad essere uno sfogatoio collettivo. Non c’è più la capacità di ascolto. Il vuoto resta. Ecco che nascono fobie, disturbi ossessivi-compulsivi, maniacalità.

La web mania e il feticismo tecnologico sono sintomatologia di un malessere di una società liquida. Vuoto dell’anima e culto dell’evasione.

L’internetmania è un fenomeno che accettiamo o che rigettiamo? si questiona sulle involuzioni o sulle evoluzioni che esso ha portato ma è innegabile che non possiamo più farne a meno, schiavi come siamo del tempo e dei ritmi veloci delle nostre società capitalistiche e degli indiscutibili vantaggi che esso ha portato per contingenze pratiche in questi termini e quello dell’abbattimento dei costi. Internet risponde perfettamente alle nostre esigenze in un sistema malato e i social e gli smartphone sono fonte di alienazione e dipendenza che hanno assunto una valenza affettiva, inerente “la sfera dell’essere” relazionale e individuale. S’ingrossa sempre più l’esercito di cercatori di una felicità artefatta quanto aleatoria.  Gli scenari aperti dal web investono quasi tutti gli ambiti delle attività umane, rivoluzionano i processi di comunicazione e introducono nuovi modelli esperienziali, relazionali e cognitivi.

Quello che si discute è la reale capacità di comunicare e mettersi davvero in gioco e in relazione. Il linguaggio è ridotto ai minimi termini ed è eliminata la grammatica del linguaggio non verbale somatico-gestuale. Il fenomeno dell'alessitimia, dal greco “a-” privativa, mancanza, “lexis” parola e “thymos” emozione: letteralmente «non avere le parole per le emozioni», che  in psicologia costituisce un deficit della consapevolezza emotiva, palesato dall'incapacità di mentalizzare, percepire, riconoscere e descrivere verbalmente i propri e gli altrui stati emotivi, è dilagante. Il tipo di comunicazione instaurata non è solo antisimbolistica, fatta cioè di musicali rievocazioni intuitive di emozioni e sensazioni, muovendosi sulla linea sottile della trascendenza, sul confine tra la realtà e il sogno, ma anche antidialogica. In questo libro-denuncia si intende rafforzare, contro il gregarismo omologante, tutte le voci fuori dal coro che si rifiutano di asservire le reali istanze umane alla mercé dello sciacallaggio e depredamento ipertecnologico.

Si comunica in assenza, si costituiscono rapporti labili, precari, inquinati dall’ipertrofismo edonistico, dal narcisismo digitale, dal culto del proprio io e da modelli consumistici alienanti, “privi di luna e poesia…siamo alla ricerca di eroi e poeti anche solo per un  attimo per i nostri sogni esauriti, marciti”. Si creano avatar o molteplici Man Machine interfaces, si costruiscono personalità fittizie che ci rappresentino e spesso proiettano desideri frustrati in un’epoca in cui lo spazio ci si offre sotto forma di relazioni di dislocazione, il cyberspazio, “una specie di ma­schera che costituisca l’interfaccia fra se stesso e la società, il  dannato e complicato mondo là fuori, si recita a soggetto in un set per le  performance apposta per noi”. ”L’io virtuale – secondo lo psichiatra Pasquale Romeo – a volte assume delle caratteristiche ipertrofiche a tal punto da soppiantare l’Io reale”, incappando cosi in rischi di frammentazione, disgregazione dell’io, disturbi d’instabilità e disregolazione emotiva, fobie, sintomi dissociativi e crisi esistenziali, dipendenza, passando dalla tossicofilia alla tossicomanialità dovuta al bisogno ineludibile di stare sempre connessi e collegati. Il fenomeno è divenuto talmente allarmante che sono sorte le prime cliniche per webtossici dediti ai giochi di ruolo interattivi on line, chat o patiti di social network, gioco d'azzardo, siti porno e quant’altro. Alcuni ragazzi sono così disturbati da divenire aggressivi e, producendo questi ormai divenuti “mezzi sensoriali, estensione delle nostre anime e delle nostre menti”, gli stessi effetti degli alcaloidi, sono ridotti in stato di schiavitù psicofisica con veri e propri sintomi di astinenza. La questione legata a una dipendenza di questo tipo sta nel disordine di una personalità fragile, nell’assenza di un tessuto sociale e culturale capace di accogliere e far crescere. Ed è proprio in queste contraddizioni che i social hanno la meglio supplendo le carenze  e occupando i vuoti che si son creati all’interno dell’individuo e nella società.

Personalità dipendenti e scompartimentate, dunque, in cui ci si spoglia senza veli nei blogs in cui si rivelano anche inconfessabili intimità certi dell’assoluto disinteresse altrui e ci si finge femmes fatales o latin lover di primo rango nelle chat erotiche o “ vetrinizza” nei social networks ingurgitando così il nostro giornaliero intake psicofarmacologico. La dipendenza deriva dal fatto che il web rispecchia esattamente quella sordità emotiva esistente nella realtà ma è uno spazio-discarica in cui ci si appaga facilmente senza correre il rischio di pericolosi rebounds e che ci illude di sfuggire alla solitudine, mettendo in piazza se stessi nella speranza che la pubblicità dia un ascolto, che da un lato odiamo e dall’altro tanto ricerchiamo. La condanna dell’internetmania è una condanna delle storture che il capitalismo ci ha portato e in cui tenta di fagocitarci e la comprensione del malessere profondo che ci fa finire direttamente in mano agli psicologi sperando in poteri taumaturgici nella ricerca du equilibri impossibili per chi non vuole essere "tagliato fuori" da questa società a ingranaggi. E' la risultanza di un mondo che rema contro il sentire della coscienza collettiva. Per di più, si fa preda del nostro disagio e nella convinzione che il web sia gratis senza renderci conto che il privato è pubblico e i nostri dati vengono spiati dal grande Echelon, schedati e manipolati ai fini del webmarketing e dello sfruttamento oligopolisticodella net-economy, delle ricerche di mercato che servono alla produzione di merci e servizi ad hoc del commercio digital-globale mascherato da filantropia.
“Internetmania” di Nando Minnella è espressione di un pensiero critico, vuole essere “diverso”, sovvertire le artificiose reductio ad unum che ci annichiliscono i cervelli e congelano le emozioni,  suggerendo la cultura dello scambio a quello dell’imposizione della cultura dominante che ci viene sapientemente instillata e volgarmente offerta nella promessa di pseudo felicità di paradisi fittizi ma in realtà asserviti al profitto e alle brame utilitaristiche di pochi in una prostrante quanto patetica incensazione del dio denaro. Si è dinnanzi a un’imperante mentalità fallocentrica che mette in crisi i valori dell’esistenza meglio accolti nella figura della donna, nella cultura della ricezione e dell’accoglienza, dell’apertura all’altro contro la cultura della predominanza e della sopraffazione, la presunzione di conoscenze assolute contro la logica del dialogo, del farsi dono di sé con duttile e analitica criticità nel segno della maturazione e della crescita. Sarebbe auspicabile infatti  piuttosto la comprensione e il confronto col diverso, non la sua scissione e frantumazione, con­cepire l’uguaglianza nella diversità e la diversità dell’uguaglianza,  passare dalla civiltà dell’Uno alla civiltà del molteplice.
“L’uguaglianza vive nel rispetto del diverso non nella tirannia degli uguali”.
Sulla base dell’assunto che il Web sia uno strumento sterminato di conoscenza” in cui si annida un guazzabuglio di informazioni da decodificare, selezionare e rielaborare, si ritiene infatti che si siano raggiunte le più alte vette della democrazia, nella considerazione che si raccolga consenso cliccando un “mi piace” e che questo costituisca un “We the people! Si sta deturpando in ogni modo il concetto di bellezza, che sta nel desiderio, nei sogni, nell’armonia, nelle gioie del cuore e della percezione, nell’amore e nell’ascolto…anche dei silenzi. C’è da chiedersi se essa abbia possibilità di salvezza in questo mondo. C’è forse per chi ha speranza in una possibilità di una sua redenzione mentre restiamo assurdamente inerti dinnanzi al deragliamento totale del suo andamento verso altre rotte ed altre direzioni. Che ognuno coltivi questo seme di divinità nell’angusto ambito del proprio particolarismo non basta. E’ piuttosto necessaria una sua trasmissione sempre più reale e concreta, una sua espansione. Si può informare il mondo a canoni di bellezza che riflettano la complessità dei colori dell’anima e l’armonia di una capacità di relazione arricchente e comparativistica, in cui ognuno tenga ben presente che la libertà di ciascuno di noi finisce dove comincia quella dell’altro e rammenti sempre il valore della dignità dell’uomo nel suo tempo e nel suo spazio avendone rispetto.

 
 

Wednesday, September 30, 2015

Alba

Salutare in un abbraccio simbiotico
l'alba di un nuovo giorno
accarezzando col candore accesso dei nostri sguardi
il tepore delle prime finestre illuminate
che costellano, calde, l'orizzonte,
che fa da culla ad infanzie ovattate,
mondi fragili e indifesi,
nella soave speranza di custodire
anche noi in un improbabile futuro
il focolare della vita che si rinnova,
il dolce scrigno dell'innocenza incontaminata...
nuovi spazi per la purezza del cuore.
 

Love




 L'amore ti cambia la vita e ti fa vedere le cose attraverso un caleidoscopio di emozioni che ti fanno apparire vuoto tutto quello che c'è stato prima di averlo incontrato, di averlo conosciuto...è un'esperienza sconvolgente che ti travolge senza preavviso e ti trasforma nelle più intime asperità e nelle pieghe e riflessi dei più intimi battiti del tuo cuore e in ogni più labile pensiero...


 
Dopo 21 anni hai un volto e un nome...Vincenzo...ti ho cercato ovunque, sognato, dipinto...Sei sempre stato in ogni mio respiro, dolce violenza d'amore, sei arrivato all'improvviso sbaragliando dietro di te ogni minima inezia, illusione, rumore...nuvole di fumo, di false speranze e abbagli dell'ingenuità del cuore su cui hai scolpito un sigillo di dionisiaca passione, accarezzando come piume il tenero germogliare di ogni mio pensiero e cullando i fremiti della mia anima...



ps. 20.02.2021: c'era lei fino all'11 in un close-up....!!!Dio salvi la regina!


Odd Graphic Illustrations

http://www.coroflot.com/paca79  




Tuesday, May 12, 2015

Thursday, April 30, 2015

Friends




 I love my friends...they are my true family scattered around the world...someone lost along the way...they accept me with all my defects and sometimes need of loneliness...I never forget our timeless shared emotions!