Attaccata a uno stelo
Una tuba di falloppio in
sfacelo coi suoi bitorzoluti ammassi e fibromi
Un cancro che arriva a
intaccare le ovaie ponendo fine a un sogno di maternità rincorso per anni.
Una donna a metà forse,
Forse non ho mai voluto
esserlo fino in fondo,
probabilmente destinata a
vivere come un’eterna bambina,
Una bambina mai nata,
In balia della precarietà
e del non senso
Tra l’hustle and bustle e
il tam tam rumoroso dei giorni morti
Le voci confuse e
sovrapposte di dittatori spietati e caustiche maldicenze
Giudizi non richiesti, opinioni
soggettive, relative, frammentarie
Che dalla superficie in
cui nascono si annidano a fondo nei meandri della psiche intossicandola
E di cui neanche l’eco
aveva l’alibi né l’invito ad interferire indebitamente
Voci che tacciano il
fluire libero del pensiero e appesantiscono la fluidità dell’esistenza
Sospingendosi
distruttive,
seppur repulse o fatte
scivolate via in un’indifferenza di facciata o ragionata
E in cui ti perdi in un
baccano malsano che nulla dice,nulla ascolta…
E ti trovi a voler essere
un soffione
Che vorrebbe dissolversi libero nell’aria,
Con gli occhi rivolti
verso il cielo,
Estatica, leggiadra,
senza peso, spogliandosi dei suoi ornamenti
basta cosi poco, il
soffio di un attimo…
Ma che si ritrova ancorato
giù al suo stelo
Sotto il peso
dell’angoscia e del suo tormento
Che reclama le sue radici
gelando all’alito
travolgente del vento
Che purifica, disincaglia
e porta via con sè le scorie dei veleni
Ma che non riesce, non
vuole, più lasciarsi andare…
Eppure sa che, nonostante
speri in ripari d’occasione, è l’inevitabile,
liberatorio destino di una parte di sè …
Le uniche vibrazioni che
sento ormai
Sono solo i rintocchi
delle campane a morto
Che hanno dato il saluto
ai miei affetti più grandi
E mi ritrovo a riporli in
un cassetto, insieme alle loro foto,
in un angolo di un cuore
che scoppia e che è stanco di battere ancora
avvolto in un manto di
oscura solitudine e depressione,
che ha perso le ali
invece di volare alto
nel rompersi delle uniche
catene che lo legavano all’amore
e rimasta incastrata solo
in quelle dell’odio e dell’oppressione.
Ultima delle romantiche
ho sempre sognato una reale congiunzione di anime affini,
il rapporto perfetto,
per concludere poi che l’idillio
non esiste,
un’emozione placida e
intensa come le onde del mare
che mi trascinasse con se
anche in un putrido rigagnolo
che riportasse al mare questo mio grembo sterile
che vorrebbe accogliere il
seme di una benedizione che lo facesse rifiorire e riportasse a creare.
non l’ho mai trovato, non
può essere altrove
e alla fine di
quest’esistenza
vincitrice o perdente di
qualcosa in questa corsa a ostacoli
vorrei che le mie ceneri
riposassero per sempre nel fondo di quelle acque che, immaginarie o reali, non
ci hanno mai diviso,
per non essere più pasto
per i vermi anche dopo la morte
e non affrontare il
degrado di ulteriori marcescenti putrefazioni.
Attached to a stem
A Fallopian
tube in decay with its knobby masses and fibromas
A cancer
that arrives to affect the ovaries sealing an end to my dream of motherhood I ran
after for years.
A half woman maybe,
perhaps I’ve
never wanted to be one all the way,
probably
destined to live as a forever child,
a never
born child,
at the
mercy of the precariousness and the non sense
among the hustle-
and- bustle and the noisy tam-tam of the dead days
The slurred
and overlapped of ruthless dictators and caustic slanders
Not asked
judgments, subjective, relative, fragmentary opinions
That from
the surface in which they are born nestle themselves to the bottom of the
meanders of the psyche intoxicating it
And of
which even the echo had neither the alibi nor the invitation to unduly
interfere,
Voices that
fling the free flow of the thought and burden the fluidity of the existence,
Destructive impelling,
even if repeled
or let slip away in an apparent or reasoned indifference
and in
which you lose yourself in an insane mayhem that nothing says, nothing listens…
and you
find yourself to wanna be a dandelion
that would
dissolve itself free in the air,
with the
eyes turned up to the sky,
ecstatic, graceful,
weightless, undressing all its ornaments
it’s so
easy, the blow of an instant…
but that is
again anchored to its stem
under the
burden of the anguish and of its torment
that claims
its roots
freezing to
the overwhelming puff of the wind
that
purifies, refloates and drifts astray the excoriations of the poisons
but that is
not able, doesn’t even want let itself go no more…
Anyhow it
knows that, although it hopes for occasional refuges, is the unavoidable, liberating
destiny of a part of itself….
The only
vibrations I feel by now
Are just
the tolling of the death knell
That have
given the final goodbye to my greatest and dearest affections
and I find
myself to store them in a closet, along with their pictures,
in a corner
of a heart that is exploding and is weary to beat again
shrouded in
a mantle of dark solitude and depression,
that has
lost its wings instead of flying high
in the
breaking down of the unique chains that bound it to love
and remaining
trapped just in those of hate and
oppression.
Last hopeless
romantic, I’ve always dreamt a real conjunction of elected souls,
The perfect
relationship,
arriving to
conclude that the idyll doesn’t exist,
a placid
and intense emotion like the waves of the sea
that drags me
with it even if in a putrid rivulet
that bring
back to the sea this sterile womb of mine
that would welcome the seed of a blessing that
would make it reflourish and bring it back to create.
I have
never found it, it can not be elsewhere,
And at the
end of this existence,
Winner or
loser of something in this obstacle course,
I’d like that
my ashes would rest forever in the depths of those waters that, imaginary or
reals, have never detached us,
To not feed
anymore other worms even after my death
And not having
to face the degradation of further rotting putrefaction.